Tre lettere

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Pensando a questo blog come ‘una “casa” per tutte le mille e mille cose che mi gironzolano per il cervello‘, come spiego qui, mi sembra giusto parlare di ciò che occupa la mia mente per la maggior parte del mio tempo.

E mi è sembrato giusto farlo oggi che è la Giornata delle Malattie Rare 2013.
Qualche anno fa, esattamente nel 2005, tre lettere sono entrate in maniera prepotente ed invadente nella vita della mia famiglia e soprattutto in quella della mia mamma: SLA.
Una volta, la mamma mi ha raccontato che quando il neurologo le ha dato la diagnosi e ha spiegato a lei e a mio papà cosa sarebbe successo e come si sarebbe evoluta la malattia, tornando a casa in macchina dall’ospedale, non sono riusciti a proferire una sola parola per tutto il tragitto.
Ma sentirlo raccontare non è nulla al confronto del viverlo ogni giorno.
E io ve lo posso raccontare dal punto di vista di una figlia che vede la propria madre, giorno dopo giorno, consumata da questa malattia.
Piano piano ha cominciato a perdere l’uso delle gambe, prima la sinistra. Poi le braccia. Poi la testa.
Sono quasi cinque anni che la mamma è bloccata in un letto con un respiratore che la mantiene in vita. Oggi muove solo gli occhi.
Non ha mai perso la voglia di vivere, di partecipare alla vita di tutti i giorni della famiglia e noi cerchiamo di coinvolgerla in tutto quello che facciamo… ogni giorno.
All’inizio del mese è stata ricoverata nel reparto di pneumologia per l’ennesima insufficienza respiratoria e questa volta è stata proprio brutta. Ora è tornata a casa, ma ogni volta è sempre molto difficile per lei riprendersi, e questa volta sembra che abbia perso la forza per farlo. 
E questi sono i momenti più brutti. 
Come essere umano, mi rendo conto della sua stanchezza, capisco il suo piangere e il suo lasciarsi andare. Come figlia, però, sono egoista, lo ammetto, e vorrei che lei rimanesse con me, con noi per altri novant’anni!
Le foto che vedete in questo post, le ho fatte durante questa sua ultima degenza.
Dettagli della sua camera e del reparto. Lei mi indicava con gli occhi  cosa immortalare ed io tac, scattavo, purtroppo solo con la fotocamera del cellulare.
Così ci siamo passate un po’ il tempo.
Eh si, perchè in questi casi bisogna anche ingegnarsi da questo punto di vista.
A casa ha il suo computer che usa con gli occhi – incredibile, eh! – la televisione, amici e parenti che arrivano a tutte le ore, gli audio libri.
In ospedale non c’è nulla. Può solo fissare il soffitto per 18 ore al giorno.
Ogni tanto la mamma mi ha chiesto cosa ne avessi fatto di quelle foto scattate all’ospedale e fin’ora erano rimaste chiuse nella memoria del mio cellulare.
Oggi, mi hanno dato la spinta per scrivere questo post, che forse non leggerà mai nessuno, ma che è importante per me.
Se vi va oggi, ma no solo oggi, fate un salto qui e e qui. Perchè sono ancora tante – troppe – le malattie che non hanno una cura e di cui, a volte, non si sa nemmeno la causa. 
Qui sotto trovate il video ufficiale di questa giornata.
Guardatelo… è molto bello e se vi va di conoscerne meglio i dettagli, andate qui!

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